A Ghost Story

Di Duilio Scalici

Era un periodo sospeso, in cui il mondo sembrava aver preso una pausa, ritirandosi in un angolo silenzioso. Noi, nel cuore di quell’incertezza, eravamo appena all’inizio di una convivenza che, a pensarci, sembrava una scelta avventata. Ma col tempo avremmo capito che in fondo era la decisione più naturale di tutte. La nostra casa, distante dal frastuono del mondo esterno, era abitata dalla luce dei film che guardavamo insieme, con il piacere di perderci nei mondi che ci offrivano. Una sera, tra mille opzioni, proposi A Ghost Story (Storia di un fantasma). Ci sdraiammo sul nostro letto Ikea, quello che aveva visto crescere i miei sogni e che ora condividevo con lei, compagna di viaggio e di silenzi. Quando il logo A24 apparve sullo schermo, qualcosa nell’aria cambiò. Il silenzio, d’improvviso, si fece tangibile, come se il film stesse risucchiandoci in un altro tempo, in un altro mondo. Le immagini, lente e sospese, si prendevano il loro spazio, facendo diventare ogni fotogramma un riflesso profondo dell’anima. Il tempo sembrava fermarsi, come un fantasma che avvertiva il peso del suo lenzuolo, portandoci in un viaggio senza fine e senza risposte. I nostri occhi seguivano quel viaggio infinito, alla ricerca di una risposta che sapevamo non sarebbe mai arrivata. Fino ai titoli di coda, non una parola, solo il battito del cuore che risuonava nelle nostre costole, un’eco silenziosa che ci ricordava, con dolce insistenza, che eravamo ancora vivi. A Ghost Story non fu solo un film: fu una rivelazione. Con una delicatezza che rasentava la poesia, la sua essenza ci avvolse, lasciandoci più vicini, più consapevoli, più umani. Dovrebbero esserci più film come questo. Con pochi mezzi, ma con una grande idea. Perché, alla fine, è l’idea che conta, ed è il gusto a renderla immortale.

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Foto di copertina di Duilio Scalici


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