Parthenope

Di Duilio Scalici

Quando si diventa genitori, e soprattutto con un bambino piccolo, il tempo sembra scivolare via più velocemente di quanto non si vorrebbe. Se un tempo, appena un film mi incuriosiva, ero il primo a correre in sala, oggi tutto deve essere perfettamente organizzato. Bisogna trovare il momento giusto, sperare che i nonni siano liberi, e solo così possiamo concederci un paio d’ore per immergerci in un altro mondo, quello del cinema. Quante volte, negli ultimi anni, mi è capitato di rinunciare, di guardare il passare del tempo senza poter godere di un film in sala. La visione da casa, a volte, è l’unica opzione, ma quando si parla di film particolari, come quelli indipendenti, può anche significare che non arriveranno mai in homevideo.

Eppure, quando il trailer di Parthenope fece la sua apparizione, il richiamo fu irresistibile. La bellezza delle immagini, il nome “A24” che evoca sempre qualcosa di speciale, mi incuriosirono immediatamente. Sorrentino, poi, ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Quando mi resi conto che non sarei riuscito a vedere il film al cinema con Ninfa, l’arrivo su Netflix fu una benedizione. Così, una sera, dopo aver messo a letto Leonardo, ci siamo sistemati sul divano, pronti a partire per un’altra esperienza cinematografica.
Il film si apre con una frase di Céline che mi colpisce subito: “Wow,” mi dico, incuriosito. E poi arrivano le immagini, suggestive, potenti, che catturano l’attenzione, ma ben presto qualcosa inizia a stonare. La fotografia, pur bellissima, è troppo nitida, come se il velo di magia che mi aspettavo fosse stato strappato via, inseguendo una perfezione che, come sappiamo, non sempre corrisponde alla bellezza autentica.

Le incertezze si fanno sentire. Mi scambio uno sguardo con Ninfa. Nonostante il disorientamento iniziale, alcune frasi colpiscono al cuore. Una di esse, in particolare, è pronunciata dal personaggio interpretato da Gary Oldman, e recita: “In quanti hanno dormito qui? Cosa si sono detti gli amanti in questo letto? Si dicono sempre le stesse cose. Per fortuna, ci sono gli scrittori a variare la monotonia delle loro parole. Posso sentire l’odore di tutti quelli che hanno dormito qui. E tu? E tu? Tu senti l’odore? Che odore? L’odore degli amori morti.”
Tuttavia, nonostante queste perle di poesia, la recitazione della protagonista non riesce a trasmettere tutta la profondità che ci si aspetterebbe. Il suo sguardo, ipnotico ma troppo costruito, spegne in parte la forza delle parole, lasciandole svuotate. Sorrentino, che avevo tanto amato nei suoi film precedenti, qui sembra quasi una caricatura di sé stesso. Il simbolismo e il realismo magico sono presenti, ma non riescono a elevare il film come speravo. Come il figlio del professore, Parthenope sembra essere acqua e sale: fa acqua, sì, ma troppa, eppure non riesce a diventare mare.

Finito il film, siamo andati a letto, come da routine, ma una cosa, però, era rimasta impressa nella mente: “Era già tutto previsto”, il brano meraviglioso di Riccardo Cocciante, riscoperto nel film. Le sue note, tanto dolci quanto malinconiche, risuonavano ancora nell’aria, come un sussurro che si rifiutava di svanire.

*

Foto di copertina di Duilio Scalici


Pubblicato

in

da