Di Ilaria Pederzoli
“Cuori, fame, amore… ma la fame alla fine bisogna soddisfarla e io sono alla ricerca di un cuore buono per colmare questo bisogno d’amore.”
Ettore era un ragazzo timidissimo, nato con una strana malattia, ritenuta incurabile da tutti i medici che l’avevano visitato.
La sua malattia si chiamava “fame di baci”.
Fin dai primi anni di vita Ettore aveva sempre manifestato uno smodato bisogno d’affetto, non gli bastavano le carezze e i baci che i suoi genitori gli davano, ne chiedeva sempre di più e se non soddisfatto a dovere si rifiutava anche di mangiare e giocare.
I genitori, spaventati, iniziarono a sentire il parere di tanti esimi dottori, ma tutti davano la medesima diagnosi: “FAME DI BACI”, purtroppo la cura non era ancora stata scoperta.
Ettore da bambino trascorreva molte delle sue giornate con le braccia tese e lo sguardo supplicante, ma i genitori non potevano sempre accontentarlo e lui immancabilmente iniziava a piangere disperato.
I problemi più grandi si verificarono a scuola quando Ettore iniziò a richiedere gesti d’affetto agli insegnanti e ai compagni di classe, i quali inizialmente si dimostrarono generosi nel dargli carezze e abbracci, ma con il tempo trovarono quelle richieste troppo insistenti e stravaganti, così incominciarono a sgridarlo e a estraniarlo dal gruppo.
Ettore non riusciva a capire come si potesse rifiutare una richiesta d’affetto e la sua fame divenne così profonda da togliergli tutte le forze, così decise di non alzarsi più dal letto, non studiare e non parlare più con nessuno.
“Bisogna fare qualcosa Ernesto!” disse decisa una sera la madre di Ettore a suo marito.
“Cosa possiamo fare Anita, la malattia di Ettore è incurabile”, rispose Ernesto sconsolato e ormai senza speranze.
Anita però era una donna ottimista e piena di entusiasmo e non avrebbe permesso a Ettore di vivere un’esistenza segnata dal dolore.
Iniziò a fare ricerche, incontrò persone affette dalla stessa patologia, imparò nuovi modi per esprimere il proprio amore e un giorno… ILLUMINAZIONE!
“Ettore, Ettore! Ho scoperto come guarirti!” urlò emozionata Anita.
“Mamma tu non sei un medico, lasciami tranquillo.” sospirò Ettore mentre accarezzava il suo gattino.
“Ettore ultimamente sei meno triste e questo credo sia merito di Ragù, il gattino abbandonato che abbiamo trovato fuori dalla porta di casa.”
“Beh, Ragù è un po’ come me, perché ha tanto bisogno di essere amato e mi piace renderlo felice accarezzandolo e dedicandogli il mio tempo.”
“Ecco la cura! Nessuno potrà mai donarti tutto l’affetto di cui il tuo cuore ha bisogno, ma tu puoi regalare amore per sentirti meglio.”
A Ettore non dispiacque l’idea di dedicare tempo e amore agli altri e così iniziò la “cura”.
Il ragazzo appena poteva accarezzava visi e mani, sfiorava schiene e braccia, accoglieva cuori e abbracciava disperazioni e così, piano piano, divenne molto amato da tutti.
Nessuno riusciva a resistergli e a un suo abbraccio rispondevano con un largo sorriso, a una sua carezza con un bacio, a una sua parola gentile con un fiore.
Un giorno Ettore incontrò Luce, anche lei affetta dalla stessa malattia e con uno sguardo così triste che lasciava graffi sul cuore solo a guardarla.
Ettore si avvicinò a lei con cautela, sapeva che essere affamati d’amore era una condanna, perché si diventava fragili e timorosi.
Luce accettava volentieri i gesti gentili del giovane, ma era sempre dubbiosa.
Dov’era l’inganno?
Ettore era consapevole dei sentimenti che provava la ragazza e desiderava rassicurarla, così un giorno le donò un fiore.
“Una violetta?!” disse Luce con un fil di voce e un sorriso che le illuminò il viso.
“Sì Luce, se ti avessi portato un regalo importante ti saresti domandata dove fosse l’inganno, in troppi ti hanno illusa e fatta soffrire.
Un regalo semplice e di poco conto ti avrebbe fatto invece dubitare del mio amore per te.
Una violetta è simbolo di amore eterno e con la sua delicatezza ti sfiora senza farti spaventare.
Io voglio essere così per te, un grembo sicuro dove puoi accomodarti senza timore e dove sarai sempre protetta da tutti i pericoli.”
Luce non credeva alle sue orecchie, un amore accogliente le veniva promesso con un sorriso e una mano tesa.
Attimi di silenzio occuparono lo spazio che li separava, poi un grido di gioia irruppe tra loro.
Luce urlava, ballava, saltellava euforica, mai nessuno le aveva promesso nulla di simile.
La felicità ora aveva un nome ed era Ettore.
Le saltò in braccio senza preavviso e per poco non finirono entrambi per terra, ma quel “grembo sicuro” aveva gambe solide e braccia forti e riuscirono a mantenersi in equilibrio.
Quel pomeriggio si scambiarono baci e carezze, insieme alla promessa silenziosa che il loro amore sarebbe stato per sempre.
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Immagine: Gustav Klimt, Il bacio (Der Kuss), 1907-8 (particolare).