punk is dead #5

Ramones, ancora

Di Stefano Marullo

Parlare del punk rock senza parlare dei Ramones è come parlare di musica classica senza parlare di Mozart o di Beethoven. In fondo, forse senza esserne consapevoli, questi quattro ragazzacci scalcagnati provenienti da un sobborgo della borghesia del Queens chiamato Forest Hills, cresciuti di espedienti e di
piccoli atti vandalici, che sniffavano colla (Dee Dee si faceva anche di droghe pesanti come l’eroina già dai 14 anni), tutti disoccupati all’epoca della loro prima line up, avevano “inventato” il punk prima ancora che in Inghilterra arrivassero Sex Pistols e Clash. Diverranno il più grande gruppo punk di sempre, il più amato e tributato (li si trova persino in un episodio dei popolarissimi Simpson e una famosa marca di birra utilizzerà “Blitzkrieg Bop” per il suo spot), ma probabilmente il più sfortunato perché perlopiù la loro gloria sarà postuma (in questo ricordano le New York Dolls, che insieme ai Dictators ebbero grande influenza sul gruppo).

Quando il 18 marzo 2002 entrano nella prestigiosa “Rock and Roll Hall of Fame”, Joey, l’occhialuto cantante, è morto un anno prima di cancro al pancreas, mentre il citato bassista Dee Dee è presente ma è già uno zombie e due mesi dopo morirà di overdose; due anni dopo sarà la volta del mitico chitarrista, Johnny. La loro forza è sempre stata l’autenticità; credo di averli visti in tv la prima volta durante una puntata de “L’altra Domenica”: sul palco vestivano con lo stesso look che portavano fuori dalla scena (capelli a caschetto, giubbotto di pelle, ci fossero anche 40 gradi, occhiali scuri, jeans strappati, t-shirt e scarpe da ginnastica). Il loro sound basato su due/tre accordi suonati a velocità folle, quando ancora non era stato inventato l’hardcore, soprattutto nelle loro performance live (i primi concerti nei club duravano mediamente 17 minuti! Prima del loro quarto album tutti i pezzi erano sotto i 3 minuti) intervallati da qualche raro assolo, aveva qualcosa di magico e rimarrà sempre lo stesso per tutta la loro lunghissima carriera, partita da New York il 30 marzo 1974 e conclusasi a Los Angeles il 6 agosto 1996, impermeabile rispetto mode e tendenze, con ammiccamenti più che evidenti per i Sixties, il garage e il surf rock. E nelle loro canzoni hanno quasi sempre parlato del loro mondo fatto di fumetti e film di guerra, ragazze, dipendenze varie, spiagge e surf, nichilismo scazzato con un’assoluta indifferenza verso la politica.

Un certo Hilly Kristal, proprietario del CBGB, club sorto in uno dei quartieri più malfamati di New York, si interessò ai Ramones e li ingaggiò quasi a mo’ di scommessa: “Non piacerete a nessuno, ma vi farò suonare nel mio locale”. Da lì a poco saranno il gruppo di punta insieme a gente del calibro di Television, Heartbreakers, Blondie, Talking Heads e Patti Smith. Di loro si comincia a parlare insistentemente nel 1976 quando il giornalista Danny Fields, che in seguito diverrà loro manager, scrisse sulla rivista “Music Gig” che Lou Reed aveva un amore smisurato verso una band di New York che si faceva chiamare Ramones. Critici musicali, case discografiche di spessore cominceranno a interessarsi di loro ma i loro dischi non arriveranno mai neanche lontanamente in classifica, tanto meno nelle radio americane dove al mainstream non interessava il punk. Nel luglio del 1976 fu lo stesso Fields che li porterà in Inghilterra dove saranno accolti trionfalmente come padrini indiscussi della nascente scena punk anglosassone.

Paradossalmente i Ramones erano un’american band per eccellenza ma erano, soprattutto agli inizi, ignorati in patria e adorati all’estero (in Brasile raggiungeranno, per esempio, con Mondo Bizzarro tre volte il disco d’oro). La loro massima popolarità negli USA forse fu raggiunta quando vengono assoldati per il film “Rock’n’Roll High School”, dove interpretano se stessi e suonano (con altri) nella colonna sonora; ricevettero 5 mila dollari ma i soldi non bastarono neanche per coprire il soggiorno al Tropicana Hotel, così furono costretti a fare concerti durante tutte le riprese del film che oggi è un cult ma all’epoca fu distribuito malissimo e fu un mezzo flop. Per tutta la loro carriera saranno “costretti” a fare lunghissimi tour (qualcuno ha contato 2263 concerti in totale!) proprio per sbarcare il lunario laddove il loro miglior piazzamento in classifica in America sarà nel 1980 con il loro quinto album in studio End of the Century, che raggiungerà appena il 44° posto tra gli album più venduti.

Il pezzo che vi propongo “We’Re A Happy Family” presente nel loro terzo album in studio Rocket To Russia del novembre 1977 (che contiene due classici degli anni Sessanta rivisitati come “Surfin Bird” e “Do You Wanna Dance”) racconta egregiamente tutto quello che sono i Ramones. Riff poderoso basato su accordi essenziali che sembrano inseguirsi e accavallarsi tra loro, il testo prende di mira la piccola borghesia americana e i suoi disagi: “Siamo qui nel Queens, seduti a mangiare fagioli rifritti, siamo su tutte le riviste, trangugiando Torazina, non abbiamo amici, i nostri guai non finiscono mai. A papà piacciono gli uomini”. E il ritornello beffardo recita “Siamo una famiglia felice, io, mamma e papà”. Nel finale la musica è soffocata da il brusio di gente che chiacchiera in maniera isterica, un particolare ripreso da un altro celebre gruppo americano, i Dead Kennedys, in “Chemical Warfare” di cui parleremo.

Per approfondire la storia dei Ramones recupera la prima stagione di pancroc.


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