Di Stefano Marullo
Chi fa discorsi punk di questi tempi? Pochi, pochissimi e quelli che li fanno andrebbero opportunamente segnalati. Uno è Marky Ramone, arrivato in Italia con un tour che lo ha portato in mezzo mondo a far rivivere il sound del più grande gruppo punk della storia, i Ramones per l’appunto. Nel corso di un’intervista parlando della recente reunion degli Oasis e di altri celebri gruppi, l’ex batterista dei Ramones ha detto che loro, semmai fossero rimasti in vita, non si sarebbero mai riuniti, per coerenza di un cerchio che si è chiuso, nonostante poi tutti loro abbiano iniziato carriere personali con alterne vicende. I Ramones sono stati grandi perché perfettamente fuori posto, e quando si sono stufati hanno iniziato a imitarli e lodarli tutti, fuori tempo massimo. Nel corso di un’altra intervista Marky ha detto che vorrebbe tornare indietro solo un giorno nel 1976 per suonare con Blondie, Patti Smith e Talking Heads al CBGB. “Non eravamo ancora famosi ma ci divertiva un sacco”. E questo è perfettamente punk.
Altro discorso punk, se possibile ancora più dirompente, lo ha fatto di recente Manuel Agnelli, che è ritornato con una delle prime formazioni degli Afterhours, a suonare per celebrare i 20 anni di Ballate per piccole iene uscito il 15 aprile del 2005 (l’anno successivo uscirà una versione inglese Ballads for little hyenas). L’ho (ri)visto per la quarta volta, allo Sherwood Festival di Padova e durante l’esibizione non ha lesinato dardi infuocati contro il mainstream musicale e l’immobilismo discografico italiano, anche questo discorso molto punk che sintetizzo: “La musica in Italia è in mano a quattro o cinque produttori che fanno passare solo i gruppi che decidono che si devono ascoltare. Ed è sempre la stessa musica. Io sono fan di tutti i generi musicali, compreso rap e trap, ma ci vuole talento, qualità, non l’autotune”.

Agnelli, che non ama per nulla apparire simpatico e spesso ci riesce molto bene, ha cercato dal di dentro di provare a cambiare le regole del gioco della musica in televisione, paradossalmente con la sua partecipazione da intruso come giudice a X-Factor cercando di favorire gruppi sempre fuori dal coro, è il caso di dire, clamoroso il caso della punk band dei Punkcake nella ultima edizione del 2024. Fuori posto in una gara dove spesso gli artisti sono, a parte qualche eccezione, bruciati il giorno dopo. La buona notizia è che a X-Factor Agnelli non tornerà nella prossima edizione. Più interessante avere prodotto un programma come Ossigeno sulla Rai promuovendo musica e arti collegate, con una qualità che mi ha ricordato Mister Fantasy di Carlo Massarini. Soprattutto Manuel Agnelli è impegnato in un progetto, discorso molto, molto punk, che prova a lanciare nuove band artigiane (che suonano dal vivo e senza effetti speciali e tune) nel suo locale milanese Germi con la rassegna “Carne fresca, suoni dal futuro” che ha visto la prima edizione dal 20 al 23 novembre in quattro serate che poi è proseguita con tre serate ogni mese, da gennaio a maggio 2025 e poi riprenderà a settembre come progetto a lungo termine. Una nuova scena che si esibisce in un piccolo club (come i Ramones al CBGB) “al di fuori delle logiche degli algoritmi”. Decine di band hanno mandato le proprie candidature (non si vince niente ma vitto e consumazioni sono garantite). E quel che è più interessante, alcuni di questi gruppi hanno aperto il tour degli Afterhours in giro per l’Italia, è successo anche a Padova. Si riparte insomma dalle cantine, come nella migliore tradizione proto-punk e garage punk. E Agnelli sembra un redivivo Red Ronnie all’epoca d’oro di Rock band talent scout (prima delle deriva new age).
Quanto c’entrino gli Afterhours con il punk rock poi ve lo esplico andando dritto ai loro primordi, quando cantavano in inglese e non se li filava nessuno (esattamente come i migliori Ramones). Dal loro primo album All the good children go to hell del 1988 vi faccio ascoltare questo splendido “Midnight booze”, un misto di The Stooges, The Gun Club e Slaughter & the Dogs, elettrico e distorto.