punk is dead – appendice #3

Crass

Di Stefano Marullo

Trovo particolarmente patetiche le classifiche che periodicamente riviste e radio fanno dei “migliori dischi punk di sempre”, dei “migliori gruppi punk” e compagnia cantante. Di recente ci ha provato il magazine Radio X stilando l’ennesima classifica dei migliori 20 album d’esordio del “classic punk” (una formula che faccio fatica a interpretare), mettendo in uno stesso calderone Stooges, Patti Smith, Television, Blondie, Devo, The Jam, Sex Pistols, perfino Adam & the Ants! La rivista Ultimate Classic Rock non poteva essere da meno pubblicando la classifica che recitava “l’album migliore di ognuna delle 15 migliori band punk” anche qui senza alcun filtro tra proto-punk, punk 77, new wave, hardcore e pop-punk. E vuoi mettere Onda Rock con la classifica dei “migliori album punk di sempre”? In quest’ultima almeno trovavano cittadinanza Zen Arcade degli Hṻsker Du , Los Angeles degli X e Fresh Fruit for Rotting Vegetables dei Dead Kennedys che sono autentici capolavori.

Visto che abbiamo completato una storia del punk in 21 gruppi ideali, se dovessi fare una scelta tra le band più esemplari ne sceglierei tre massimo quattro ma senza gratuite gerarchie. Partirei dai Crass. Il recente film The Sound of Free Speech (2023) del regista Brandon Spivey, che è stato presentato anche in Italia al Forte Prenestino di Roma e all’Asilo Filangieri di Napoli, ne racconta la grandezza e l’eredità, e raccoglie le interviste, tra gli altri, di alcuni degli storici membri della band come il batterista Penny Rimbaud, tra i fondatori del gruppo e autore dei testi, e Gee Vaucher, autrice delle copertine e dei poster. Potete vederlo in streaming su Streen.org con i sottotitoli in italiano. Inventori dell’anarco-punk, con decine di emuli che grazie a loro hanno potuto produrre musica fuori dai circuiti, senza di loro il punk medesimo sarebbe stato solo un fenomeno da baraccone in mano a Sex Pistols e Clash. Interessati totalmente al messaggio politico, per cui anche l’accompagnamento musicale è solo un orpello mantenuto solo a livello basico, si sono sciolti nel 1984 nel momento della loro massima popolarità allergici alla confusione tra messaggero e messaggio, antidivi per eccellenza, hanno raggiunto le vette delle hit inglesi nonostante censure e processi, alcuni dei quali li ha costretti a pagare esose multe. Contro di loro colossi come la EMI hanno imposto ai/alle loro dipendenti di non avere alcun contatto pena ritorsioni contrattuali, mentre il Parlamento inglese si è occupato di loro quando, prendendo in giro i servizi di mezzo mondo, hanno messo in giro un falso dialogo tra Margareth Tatcher e Ronald Reagan. Femminismo, anarchismo, animalismo, pacifismo, ecologismo hanno avuto nei Crass i loro paladini ante litteram. La loro Dial House, una comune situata a Epping, nell’Essex, a partire dai primi anni Settanta è stata un centro di creatività e sperimentazione senza uguali che fa dei Crass un collettivo dadaista e libertario, oltre il punk, la cui etichetta ai Crass è sempre stata stretta.

Segnalo anche il libro antologico Crass Bomb pubblicato in Italia da Agenzia X, che raccoglie testi, articoli e saggi sul gruppo.

“Big A little A” (1982) esprime tutto il Crass-pensiero: “Vuoi essere prigioniero nei confini che ti hanno imposto? Questo è il Signore Dio, puoi sentire? Sulla terra ho ambasciatori, arcivescovo, vicario, papa, ti legheremo con la moralità, faresti meglio ad abbandonare ogni speranza. Ecco un messaggio della tua regina. Le mie prigioni e i miei manicomi hanno sempre porte aperte. Il sistema dei Grandi Fratelli è sempre lì con i suoi occhi piccoli su di te, da Dio al Bobby locale, a casa, per strada e a scuola, loro hanno il tuo nome e numero mentre tu hai solo la loro regola”


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