punk is dead #20

Propagandhi

Di Stefano Marullo

Il Canada ha sicuramente una buona tradizione di punk band e già nella metà degli anni Settanta poteva vantare una serie di gruppi che si ispiravano a Sex Pistols, Clash & Co. Tra quelli degni di nota vorrei ricordare i DOA, probabilmente il più famoso, poi i Subhumans (da non confondere con l’omonima anarco-punk inglese) e, sempre sul versante hardcore, con qualche sfaccettatura melodica alla Hüsker Dü (ne abbiamo parlato la scorsa settimana), i Propagandhi, di cui ci accingiamo a parlare. 

Nati intorno alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, a Winnipeg, i Propagandhi devono molto della loro popolarità al cantante dei NOFX, Fat Mike, che dopo averli scoperti durante un concerto se ne innamora e li convince a seguirli fino in California dove fa da supporter al loro tour e dove inizieranno a registrare alcuni pezzi. Con la label di Fat incideranno i primi album ma poi sentono troppo stretta la pressione e decidono di mettersi in proprio e arrivano ad autoprodursi (il nome della label è abbastanza provocatorio: G7 Welcoming Committee) per poi approdare alla Epitaph, etichetta del chitarrista dei Bad Religion, altra cult punk band: i Propagandhi non hanno comunque mai accettato di firmare per le grandi case discografiche. È proprio questo il loro elemento caratterizzante rispetto a molte altre band hardcore, una sorta di merce rara che si chiama coerenza. Come il loro impegno politico: vicini infatti al mondo anarchico, come novelli Crass o MDC in salsa canadese, i Nostri hanno testi fortemente polemici contro il capitalismo, la guerra, l’oppressione sociale e la loro simpatia va a tutte le minoranze, a favore di donne, mondo lgbtiq+, popoli perseguitati, a cominciare dai palestinesi. Non manca anche arguzia e ironia alla maniera dei Dead Kennedys. I Propagandhi sembra non si preoccupino eccessivamente di apparire simpatici a tutti i costi e alla bisogna criticano apertamente le punk band che si sono svendute allo star-system. Con la loro passione inossidabile, e un purismo d’altri tempi, possono vantare oltre un trentennio di carriera (il loro ultimo album è del 2017) vissuto in ambito underground.

Vi propongo “A Selection Fiction” dal loro quarto album in studio Potemkin City Limits del 2005, un pezzo di rara potenza ed eleganza, che ha vinto il premio della Società Canadese Compositori, Autori e Produttori per la composizione musicale (SOCAN). I 5000 dollari del premio sono stati devoluti dai Propagandhi all’Haiti Action Network e all’organizzazione per i rifugiati The Welcome Place.

E la prossima settimana concludiamo la nostra carrellata.


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