Perché esistono persone, che definirei affettuosamente canterine, che amano – senza alcun motivo sensato, questo è da rimarcare – mettersi a cantare in luoghi pubblici credendo peraltro, in un qualche delirio da diagnosticare, di essere stati baciati da un talento divino? Perché lavorano tutti nei negozi che frequento io con una spiccata propensione per le librerie (d’usato)? Semplice alienazione capitalistica oppure è una soft skill richiesta dai datori di lavoro per intrattenere i clienti (che è un po’ la stessa cosa) – clienti che, si sa, per avere l’ardire di leggere libri significa che in fondo sono tutti un po’ artistoidi? Ma se io ogni volta che attaccano a canticchiare il pezzo in filodiffusione, o ancor peggio dal nulla più assoluto, cercando nemmeno troppo velatamente un mio sguardo complice, vorrei potermi teletrasportare nel Deserto del Gobi? “Ai miei clienti piace sentirmi cantare, metto allegria”, dice la tizia rivolgendosi al collega mentre sistema uno scaffale. “Ma quando mai” penso io, se avessi voluto sentire cantare male qualcuno sarei andato al karaoke oppure avrei aspettato di guardare Sanremo. Se invece vado in libreria forse preferisco guardare i libri. E poi questa storia dell’allegria non vi starà un po’ sfuggendo di mano? Chi lo dice che tutti vogliano essere allegri? Ma se i lettori, sulla carta (ahah), sono i più tristi esseri sulla Terra? Forse è proprio un complotto per far smettere la gente di leggere, o perché diventa allegra e non ha più voglia di sorbirsi quei mattonazzi di libri o, come nel mio caso, per il fastidio procurato dai canterini che incentivano gli ormai ex clienti a fermarsi al bar accanto alla libreria piuttosto che affrontare l’imbarazzo del canticchiamento ammiccante. Chissà poi perché mi imbarazzo per gli altri, saranno i neuroni specchio, ma i neuroni specchio non funzionano così, allora sarà l’empatia, ma nemmeno l’empatia funziona così, ma allora che ne so perché, la prossima volta mi metto a cantare io, va là.
p.s. Nemmeno ventiquattr’ore dopo aver scritto queste righe ho assistito all’apoteosi del canterino dittatore. Non ci crederete, ma in uno dei mercatini che ho l’abitudine di frequentare, mentre scartabellavo fra i nuovi arrivi, uno fra i dipendenti più canterini che io abbia mai visto prende coraggio, si appropria del microfono per gli annunci (tipo “Gennaro urgentemente in cassa!”) e inizia a cantare sulla canzone già in filodiffusione (ometto il titolo per vergogna). Un gruppo di spagnoli si mette a ridere pensando “quanta allegria in Italia!”. Sì, allegria e pulsione di morte.
s.