Jimi Hendrix nasce a Seattle il 27 novembre 1942 sotto il segno del Sagittario. Nel 1966, dopo una gavetta londinese che sembra uscita da un romanzo di formazione rock, fonda The Jimi Hendrix Experience con Noel Redding e Mitch Mitchell, e cambia per sempre la storia della musica. Hendrix non è solo un chitarrista: è l’alchimista che trasforma il blues in un trip psichedelico, che gioca con il feedback come fosse un nuovo linguaggio e che suona la chitarra con i denti o dietro la schiena, giusto per far capire con chi abbiamo a che fare. Una particolarità: è mancino ma non usa chitarre per mancini, montando le corde al contrario su chitarre per destrorsi. Attenzione: Hendrix È la chitarra elettrica. Con il suo album di debutto, Are You Experienced del 1967, sgancia classici come “Foxy Lady” e “Purple Haze” (presente sono nella versione americana), inventandosi poi assoli spaziali come quello di “All Along the Watchtower” (Electric Ladyland, 1968), una cover che diventa più hendrixiana dell’originale di Bob Dylan (il quale, tanto per capirci, ha finito per suonarla alla maniera di Jimi). Un giorno del 1967 decide inoltre d’incendiare la sua Fender Stratocaster sul palco del californiano Monterey Pop Festival, una performance incredibile che sembra più un rituale sciamanico che un concerto rock. Ah sì, poi suonerà anche in un altro festivalino tenutosi un paio d’anni dopo nello stato di New York, Woodstock. Lascia questo mondo una notte del 1970, a 27 anni, soffocato dal vomito provocato da un cocktail di alcol e tranquillanti. Jimi è colui che ha reso la distorsione un’arte, il wah-wah un manifesto di libertà e la leva della chitarra elettrica lo strumento definitivo per far tremare il mondo.
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Disegni di Maurizio Di Bona, testi di Stefano Scrima