Di Andrea Belushi
I
e qualcuno
addirittura
si chiede come mai
non vengono più al mondo
dei Bach
dei Beethoven
o al limite degli Zappa
se lo chiede quando torna a casa
dall’eternamente maledetto lavoro
e si scaraventa sul divano
troppo stanco anche per pensare alla cena
che verso metà pomeriggio
aveva visualizzato
tipo triade dialettica
di sushi, kebab e pizza al taglio
morire
frignare
grattarsi lo scroto a sangue
è preferibile ad alzarsi
per prendere il telecomando in cucina
e pensare di aprire il frigo
per cucinarsi qualcosa
che poi il frigo lo apri
e nel frigo
c’è sempre ciò che provi in quell’istante
apri il frigo
ti apri col frigo
ma il frigo già sa
appoggi il gomito sullo sportello
abbassi la nuca
creando dune sotto il mento
arricci le sopracciglia
strizzando gli occhi
con la volontà crepuscolare
di un valzer austro-ungarico
strozzato a mezzanotte
–
Scomparto 1:
–
il porro si è unito alla stracchino
mediante una cascata di muffa
così soffice e luminosa da essere scambiata
come forma di linguaggio
–
Scomparto 2:
–
tre carote zitelle in un angolo
che filano la lana sulla propria pelle
augurando malattie mortali
a un anarchico villaggio di prezzemolo
che sfrutta l’umidità
per non morire
–
Scomparto 3:
–
l’appartamente sfitto
che ogni tanto
viene occupato dagli avanzi
per uscire dall’adolescenza
col solo scopo di morire giovani
–
scomparto 4 (Laterale inferiore):
–
birrette scialite
vinacci per sfumare il riso
la chinatown agli sgoccioli
i bulletti demodè del frigo
–
scomparto 5 (Laterale superiore):
–
il limbo occasionale
la comune silenziosa
dove dimora la scorza di parmigiano
il triplo concentrato di pomodoro
e il dado da brodo
–
Scomparto 6 (inferiore e chiuso)
–
dimora delle verdure
e dell’inchino umano
aglio
cipolla
lastre di residui indecifrabili
foce dello Stige
–
Scomparto 7 (Congelatore)
–
Il popolo del frigo
crede fermamente
che sia la dimora di Dio
ma dallo scomparto 6
subdolamente
giungono vergognose teorie eretiche
che narrano
di privilegi
destinati alla nobiltà del distillato
Maledetto sia il lavoro
in ogni sua forma
e dannato sia
il poderoso desiderio di tornare a casa
dimenticandosi di acquistare
il cibo d’asporto
visualizzato a metà servizio
II
Sono un cataclisma vizioso
orfano del sesso
orfano del cibo
in questo lunedì europeo di pace vergognosa
non so dove amare
consapevole di quanto potente sia
l’impulso di prendermi cura
di ogni santo affluente
che gentilmente mi dona
un motivo per restare qui
il frontman del limbo
arcangelo mostruoso
con la faccia piatta dei neonati piangenti
e le rughe di una scolopendra
vittorioso sui demoni
ora scalcia nel mio grembo
in cerca di musica e sacche di bile
III
e chissà come siamo arrivati qui
consapevoli che un anno della nostra vita
corrisponde a 7 anni per un cane
e ogni tanto ripensiamo a sta stronzata
o alla fame chimica che non fa ingrassare
all’immortalità speciale
che gli anni ’80 ci han spalmato addosso
come unguento divino
IV
siamo i figli dell’autunno
invecchiamo a denti stretti
con una bussola nel buco del culo
impossibile da consultare