Eddie Van Halen

Eddie Van Halen nasce ad Amsterdam il 26 gennaio 1955 sotto il segno dell’Acquario. Ma il destino lo porta presto a Pasadena, California, dove insieme al fratello Alex, a Michael Anthony e a David Lee Roth mette in piedi una delle band più folli e spettacolari della storia: i Van Halen. Eddie diventa subito il chitarrista che tutti vogliono copiare e che nessuno riesce a raggiungere. Il suo stile è un mix di tecnica assurda e pura fantasia: porta al massimo il tapping a due mani, una tecnica che trasforma la tastiera in un pianoforte verticale, fa urlare le corde con armonici artificiali, piegature impossibili e dive bomb che sembrano sirene d’allarme. E come se non bastasse, non è contento degli strumenti che trova nei negozi: li smonta, li vernicia a righe e li rimonta a suo piacimento, dando vita alla leggendaria Frankenstrat, corpo Fender, anima Gibson. Eddie, oltre che un virtuoso è infatti anche un inventore: è lui a rendere famosi i whammy bar (tremolo), gli amplificatori caldi e saturi, e un approccio al suono che fa sembrare ogni nota un fuoco d’artificio. Nel 1982 arriva la consacrazione definitiva: Michael Jackson lo chiama in studio per incidere un assolo su “Beat It”. Eddie entra, ascolta il brano, ci mette del suo, cambia addirittura una parte della struttura senza chiedere a nessuno, improvvisa un assolo che ancora oggi fa venire la pelle d’oca… e poi se ne va, come se nulla fosse. Risultato: il pop incontra l’hard rock e il mondo non sarà più lo stesso. Ah, e lo fa gratis, tanto per divertirsi. Purtroppo, nemmeno i chitarristi più grandi sono immortali. Eddie ci lascia nel 2020 chiudendo un’era, perché con lui non muore soltanto l’uomo, ma un’idea di rock fatta di energia pura, innovazione e sorrisi a volume spacca-timpani.

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Disegni di Maurizio Di Bona, testi di Stefano Scrima


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