Di Patrick Damnet
Venerdì 18 luglio 2025, ore 5:45
Caro Stéphane,
ieri pomeriggio Tomiko a Napoli ci ha regalato un acquarello, proprio a ridosso dell’area dell’imbarco. Vuoi vederlo? Eccolo in alto, per mostrartelo ne abbiamo fatto una foto mentre ce lo mostrava, la mano è sua. Sai che il suo nome significa ricca e prosperosa? Tomiko è giapponese, forse i suoi le hanno messo questo nome come augurio, non so, ma so che ricca di amicizie lo è di certo perché la sua amica pittrice glielo ha regalato, e lei a noi che siamo due, e fanno già tre amici, e adesso quattro con te che sai di lei. E adesso saprai anche che le ho chiesto: Tomiko, ma il porro che la tua amica ha dipinto ad acquarello, perché lo ha dipinto, vale più o meno di noi?
Tomiko mi ha mandato al diavolo ridendo, sa che faccio il filosofo sempre, e lei la risposta non la sa e più che ridere che possiamo fare? Senti, mi ha detto, noi non sappiamo quanto vali tu, quanto lei, e intanto la indicava, e quanto io, e intanto indicava se stessa, come facciamo a sapere quanto vale il porro? Ma ho una moneta da 10 lire, ci ha detto, rimasta nel portamonete da quando la lira valeva, facciamo così, noi valiamo 10 lire e il porro non lo so.
Ma la nave partiva, e abbiamo preso il mare, Tomiko è rimasta a Napoli. In quel porto a Bologna eravamo arrivati in treno, e avevamo chiacchierato tutto il tempo, e abbiamo continuato sulla nave a chiacchierare. Come non parlarne? Del porro non sappiamo, ma 10 lire non valgono nulla adesso, la lira non è più in corso. La moneta era carina, quasi nuova dopo decenni nel suo portamonete. Ma Tomiko voleva dirci che non valiamo nulla? Prima avevamo letto insieme sul tablet, aspettando la nave, dei bambini uccisi a Gaza, ed avevamo evocato altri bambini morti in Ukraina, e altrove. Tomiko voleva dire che non valiamo nulla perché quei bambini, in fondo, siamo noi, e noi siamo anche chi li ha uccisi? Se valessimo qualcosa sarebbe accaduto? Le cose che valgono si conservano con cura, no? E invece…
Ma devo dirti del mattino. All’alba eravamo quasi sulla costa dell’Isola, la vuoi vedere? Ecco, è qui sotto nella foto che lei ha scattato, forse si vede poco perché c’era luce ancora fioca. Eravamo sul ponte da poco prima dell’alba, lei ed io, soli e in silenzio, e nella notte cielo nero e mare si sarebbero confusi non fosse stato per puntiformi luci all’orizzonte. Stelle, o navi? Chissà…
I colli si alzano dal mare, dietro si alzano i monti della conca dove tra poco sbarcheremo. In silenzio le ho chiesto: ma se noi non valiamo nulla, e ci sono pochi dubbi dopo aver letto il tablet, perché per me sei così importante? Perché sono importanti questi colli, questi monti, questa conca. Posso sopportare di non valere nulla io, ma come posso sopportare che tu non vali nulla, e i colli, e i monti, e questo mare?
Lei mi ha sorriso e in silenzio mi ha indicato il mare qui sotto: adesso le luci del porto si riflettono nelle acque intorno a noi, la nave vira, il pilota è salito, stiamo entrando in porto…

Immagine di copertina: Cintia Faraco, Il porro.