Joe Satriani nasce a Westbury, New York, il 15 luglio 1956 sotto il segno del Cancro. Inizia a suonare la chitarra nel giorno in cui muore Jimi Hendrix, in pratica una chiamata mistica al servizio delle sei corde. Diventa nel tempo il chitarrista dei chitarristi. Il suo stile è un mix letale di tecnica fuori scala, precisione millimetrica e un senso melodico talmente sviluppato da far commuovere anche un compressore per chitarra. Il suo album di svolta, Surfing with the Alien (1987), è una bomba sonora che cambia le regole del gioco: pieno di shred (cioè passaggi velocissimi su e giù per la tastiera), legato (una tecnica fluida dove le note si fondono tra loro come gocce d’acqua), tapping a due mani (battere le dita sulla tastiera con entrambe le mani per creare effetti melodici rapidissimi), e bending (tirare la corda per alzare l’intonazione, spesso con effetti espressivi molto intensi). Il tutto con un suono cristallino e una pulizia tecnica che rasenta la follia. Ma attenzione: Satriani non è solo velocità e virtuosismo. È uno dei rari chitarristi che riescono a essere ultratecnici senza perdere emotività. Nei suoi brani c’è sempre una melodia cantabile, un’idea narrativa, una direzione chiara. Oltre a essere un fenomeno, è anche stato un maestro per moltissimi altri chitarristi di successo: Steve Vai, Kirk Hammett dei Metallica, Alex Skolnick dei Testament, Larry LaLonde dei Primus… praticamente un’università ambulante della chitarra. Ha suonato anche con i Deep Purple (brevemente), ha fondato i Chickenfoot con ex membri di Van Halen e dei Red Hot Chili Peppers, e ha girato il mondo con il progetto G3, una serie di tour da brivido che lo ha visto sul palco insieme ad altri mostri della chitarra elettrica come Vai, Malmsteen, Petrucci e compagnia funambolica.

*
Disegni di Maurizio Di Bona, testi di Stefano Scrima