Marty Friedman

Marty Friedman nasce a Washington D.C. l’8 dicembre 1962 sotto il segno del Sagittario. Negli anni ’80 diventa noto per le sue acrobazie chitarristiche nel duo cacofonico-cult Cacophony con Jason Becker, ma il grande pubblico (metal) lo scopre davvero quando entra nei Megadeth nel 1990. Quei Megadeth lì erano roba seria, l’album Rust in Peace è una Bibbia del metal tecnico, e gli assoli di Marty sembrano composti più da un samurai zen che da un rocker americano. Marty rivoluziona il modo di concepire l’assolo metal: non più esclusivamente velocità e testosterone, ma anche melodia, scale esotiche e un gusto armonico tutto suo. La sua tecnica è un caso da studio: usa il plettro con un’inclinazione quasi verticale, snobbando il classico alternate picking (quando muovi il plettro su e giù in modo alternato per suonare le note) per un mix di legato (quando suoni le note senza usare il plettro per ogni nota), sweep picking (quando “spazzi” il plettro su più corde in un solo movimento fluido) e vibrati improvvisi che sembrano colpi di spada dati a caso – ma solo se sei un chitarrista mediocre. Inoltre, evita le scale pentatoniche come un vegano il salame, preferendo intervalli e passaggi modali che fanno sembrare anche il metal più crudo una sinfonia orientale. Nel 2003, con grande sgomento dei fan thrash, lascia i Megadeth e si trasferisce in Giappone, dove diventa una celebrità anche televisiva. No, non è uno scherzo: ha fatto pure programmi in cui assaggia dolcetti e giudica aspiranti pop idols. Oggi continua a pubblicare dischi solisti dove la chitarra canta, piange, urla e ogni tanto ti guarda malissimo.

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Disegni di Maurizio Di Bona, testi di Stefano Scrima


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