Jeff Beck

Jeff Beck nasce a Wallington, in Inghilterra, il 24 giugno 1944, sotto il segno del Cancro. È uno dei chitarristi più influenti di sempre, anche se non il più celebrato. La sua carriera parte sul serio nel 1965 con gli Yardbirds, band in cui prende il posto di Eric Clapton. Ci resta poco: troppo creativo e imprevedibile, troppo Jeff. Da lì in poi, una serie di progetti, cambi di rotta, dischi solisti, collaborazioni improbabili, esperimenti sonori. Sempre in movimento e sempre fuori dalle mode. La sua tecnica è un mondo a parte. Niente plettro: Jeff suonava con le dita, usando il pollice e l’indice per accarezzare ogni nota. Ogni suono passava anche per la leva del vibrato, che maneggiava con una precisione chirurgica: curve di suono, vibrazioni sottili, glissati che sembravano parole – e infatti usava la chitarra come fosse una voce, in assenza di essa. Ascoltatevi “Cause We’ve Ended As Lovers” (scritta da Stevie Wonder nel 1974) o “Where Were You” (1989), pezzi entrambi strumentali con al centro la chitarra, per capire di cosa stiamo parlando. Non era un “chitarrista rock” nel senso tradizionale. Suonava rock, certo, ma anche blues, jazz, fusion, elettronica, swing, quello che gli girava. Se un genere diventava troppo prevedibile, cambiava strada. Ogni disco era una scommessa. A volte vinta, a volte no, ma mai banale. Non ha avuto una band stabile, né un repertorio fisso, né un’immagine da vendere. Ma chiunque sappia tenere in mano una chitarra elettrica sa bene chi è Jeff Beck. Se n’è andato l’11 gennaio 2023, a 78 anni, in silenzio, quasi di soppiatto. Ma i dischi restano, e dentro c’è tutto: stile, invenzione, carattere. Chiunque voglia capire cosa può fare davvero una chitarra, prima o poi finisce al cospetto di Jeff Beck.

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Disegni di Maurizio Di Bona, testi di Stefano Scrima


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