Bruce Springsteen

Bruce Springsteen nasce a Long Branch, New Jersey, il 23 settembre 1949, sotto il segno della Bilancia. Negli anni ’70, mentre gli Stati Uniti sono ancora impantanati nel Vietnam e cercano di districarsi tra scandali presidenziali, disillusione giovanile e pantaloni a zampa, arriva lui con la sua E Street Band e un guardaroba da perfetto operaio del rock: jeans vissuti, giacche di pelle, t-shirt attillate o con le maniche strappate via, e l’inconfondibile bandana legata in fronte come fosse un vessillo. Niente fronzoli, tutto pratico. Eppure, proprio in quella semplicità c’è qualcosa di epico: quei capi sono diventati iconici perché universali, riconoscibili da chiunque e soprattutto coerenti con l’anima delle sue canzoni – oneste, dirette, proletarie. Nel 1975 esce Born to Run, e boom: Bruce diventa il Boss, soprannome che si conquista sul palco. Canzoni come “Thunder Road”, “Backstreets” e “Jungleland” non sono solo rock, ma romanzi americani in musica, pieni di motori accesi, sogni a rate e cuori spezzati. E la chitarra? Bruce non è uno da virtuosismi, la sua tecnica è istintiva, cruda, piena di sangue e verità. Il suo strumento-feticcio è la mitica Fender Esquire degli anni ‘50, che sembra più un veterano che una chitarra: graffiata, vissuta, anche lei epica. La suona con una grinta e una passione inconfondibili, alternando ritmiche martellanti e riff secchi come sassate. Usa accordi aperti, molto downstroke, e predilige il groove alla precisione: non si mette a fare lo shredder (cioè lo sborone tecnico), ma quando attacca un brano come “Prove It All Night” dal vivo, fa venire giù lo stadio. La sua mano destra è una fucina di battiti ruvidi, mentre la sinistra fa quel che serve, senza inutili ghirigori. La forza di Bruce è che ogni nota sembra voler dire qualcosa: non c’è mai una posa, un gesto da rockstar impostata. Tutto è autentico. Soprattutto il sudore. Durante i concerti, poi, diventa una macchina da guerra: tre ore (minimo) di pura intensità, dove canta, suona, corre, suda, predica, e a volte sembra che voglia aggiustarti la vita a colpi di Telecaster. Non sfascia strumenti: li tratta come compagni di battaglia.

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Disegni di Maurizio Di Bona, testi di Stefano Scrima


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